Cannabis e dolore
Il dolore è un meccanismo protettivo essenziale per evitare e minimizzare stimoli dannosi o nocivi.
In alcuni casi il dolore acuto persiste ed evolve in dolore cronico, influendo pesantemente sulla
qualità della vita e sullo svolgimento delle normali attività quotidiane.
Ci sono tre tipi principali di dolore: nocicettivo, neuropatico e nociplastico. Il dolore nocicettivo
deriva dall’attività delle vie neuronali, secondario ad un effettivo danno tissutale o ad uno stimolo
di potenziale danno. Il dolore neuropatico origina da lesioni, patologie o disfunzioni del Sistema
Nervoso (SN) centrale o periferico e può esistere in assenza di input periferico. Il dolore
nociplastico deriva da una nocicezione alterata in assenza di un reale danno tissutale che
provochi l’attivazione dei nocicettori periferici e nessuna evidenza di patologia o lesioni del
sistema somato-sensoriale che possa causare il dolore.
Il dolore non protettivo, ma maladattativo, risultato di una funzione anormale del SN, viene
chiamato dolore patologico. Può intervenire dopo un danno al SN (dolore neuropatico) ma anche
in condizioni in cui non vi è un danno così evidente. Le condizioni che evocano dolore
disfunzionale includono fibromialgia, sindrome del colon irritabile, cefalea tensiva e altre sindromi
in cui esiste dolore sostanziale ma nessuno stimolo nocivo e nessuna patologia infiammatoria
evidente. Il dolore neuropatico è caratterizzato da segni e sintomi di incremento o di perdita della
funzione somato-sensoriale e può svilupparsi sia da alterazioni periferiche che centrali. Il dolore
neuropatico periferico cronico è classificato nei seguenti sottotipi: nevralgia del trigemino; dolore
cronico dopo danno al nervo periferico; polineuropatia dolorosa; nevralgia post-erpetica;
radiculotapia dolorosa. I sottotipi del dolore neuropatico di origine centrale includono il dolore
associato a lesioni del midollo spinale o del cervello, il dolore cronico centrale post-stroke e il
dolore associato a Sclerosi Multipla.
Non esiste un singolo test diagnostico per identificare il dolore neuropatico, è necessaria la
pratica clinica.
E’ stato dimostrato che i fitocannabinoidi agiscono su differenti target associati al dolore. I
cannabinoidi si legano a specifici recettori del sistema endocannabinoide (ECS). Il ruolo
importante dell’ECS nel dolore e nell’infiammazione si evince dagli effetti dei farmaci sperimentali
che inibiscono l’enzima FAAH. L’inibizione di FAAH conduce ad una elevata concentrazione
sistemica di endocannabinoidi ed ha effetti analgesici. Recentemente, è stato descritto il caso di
una donna con un polimorfismo genetico che riduce l’espressione di FAAH, conducendo ad una
elevata concentrazione di endocannabinoidi e insensibilità al dolore. Una FAAH ridotta è associata
anche con minore necessità di analgesia post-operatoria in donne che hanno interventi per
tumore al seno. Gli studi hanno identificato un ruolo dei recettori CB1 e CB2 dell’ECS nel segnale
del dolore; gli agonisti di CB2 determinano l’inibizione dell’influsso di Ca2 capsacino-indotta, che
conduce ad una desensibilizzazione TPRV1; allo stesso modo, altri studi hanno identificato i
recettori CB2 come target per regolare l’attività del nervo sensitivo e del dolore acuto e cronico,
suggerendo un ruolo di modulazione dei cannabinoidi tramite un meccanismo periferico. Assieme
alla loro attività sui recettori endocannabinoidi CB1 e CB2, in cui il THC è prevalente, queste
sostanze esercitano i loro effetti analgesici interagendo con il recettore GPCR55, recettore orfano
di fatto considerabile un CB3, e altri target farmacologici, come i recettori di oppioidi e serotonina.
Il THC è un agonista parziale sia di CB1 che di CB2 e inibisce il rilascio di glutamato, 5-
idrossibriptamina e influenza le funzioni dopaminergiche, così da agire sulla via del dolore. Il CBD
è un modulatore dei recettori CB1 e agisce, inoltre, sul sistema dopaminergico e altri sistemi. Oltre
al THC e il CBD la cannabis contiene centinaia di altri componenti potenzialmente attivi e il loro
effetto combinato è più efficace dell’estratto puro di THC. I cannabinoidi derivati ed endogeni
possono agire singolarmente ma, soprattutto, in combinazione allo scopo di produrre analgesia
via recettori cannabinoidi e non. Questa azione sinergica viene chiamata effetto entourage. E’
sempre più evidente che i cannabinoidi interagiscano con una varietà di recettori legati al
meccanismo del dolore, oltre CB1 e CB2; tra questi il recettore TPRV1, che media l’iperalgesia
termica integrando lo stimolo nocivo e bloccando l’iperalgesia infiammatoria inibendo la
capsiceina evocata dal rilascio di neuropeptidi. Il CBD è un agonista inverso di GPR3, GPR6 e
GPR12, che sono coinvolti nel dolore neuropatico. Gli effetti analgesici di THC e CBD sono
associati con il potenziamento dei recettori di alfa-3glicina, che sono ampiamente diffusi nel corno
dorsale del midollo spinale e agiscono come modulatori del dolore infiammatorio.
Nel corso degli anni, sono stati effettuati innumerevoli studi sull’utilizzo della cannabis nel
trattamento del dolore cronico. Uno di questi, includeva 984 pazienti con dolore cronico, inclusi
quelli con dolore neuropatico, mal di schiena, artrite, dolore post-chirurgico, mal di testa e dolore
addominale. In questo studio particolare, i due terzi dei pazienti riportarono un importante sollievo
dal dolore. Un altro studio dimostra una riduzione del 64% dell’utilizzo di oppioidi in pazienti con
dolore cronico trattati con cannabis.
L’assunzione di cannabis ad uso medico include la vaporizzazione di fiori e di formulazioni oleose,
l’assunzione tramite la mucosa orale di estratti o di edibili. Negli studi su pazienti monitorati per
un periodo con somministrazione per vaporizzazione di cannabis con THC al 22% e CBD=1%
non sono stati registrati effetti avversi importanti. Gli effetti indesiderati più frequenti sono stati
tosse (10%), debolezza (8%), bocca secca (7%), capogiri (6%), sonnolenza (6%). Si registra una
lieve diminuzione della pressione diastolica tra i 30 e i 60 minuti dalla vaporizzazione, che poi
torna ai livelli di base. E’ stata valutata la funzione cognitiva nei pazienti trattati con
vaporizzazione di cannabis ad alto contenuto di THC e non è risultata nessuna compromissione.
La risposta terapeutica è dimostrato essere legata al dosaggio e al profilo farmacocinetico della
sostanza utilizzata.
Tantissimi studi, insomma, sono stati fatti e sono in corso circa l’utilizzo della cannabis nel
trattamento del dolore e dimostrano quello che tante persone sofferenti riferiscono da anni: la
cannabis è un’arma utile ed efficace nel trattamento del dolore cronico. L’efficacia è legata al
dosaggio, al profilo dei compound della sostanza e alla scelta della modalità di assunzione più
idonee alla singola Persona.
Francesca Valguarnera per APS Tutela Pazienti Cannabis Medica – 3 gen 2023
Per approfondimenti:
- “Cannabis-based medicines and pain: a review of potential synergistic and entourage effects”
da Pain Management dell’11 marzo 2021 - “Safety of medical cannabis in neuropathic chronic pain management” da Molecules del 26
ottobre 2021 - “Medical cannabis for treatment of chronic pain” da National Library of Medicine del 3 ottobre
2022 - “The pharmacokinetics, efficacy and safety of a novel selective-dose cannabis inhaler in
patients with chronic pain. A randomized, double blinded, placebo controlled trial” da European
Journal of Pain del 12 giugno 2020 - “Medical cannabis in the treatment of chronic pain” da Australian Journal of General Practice
del 10 ottobre 2021